Processo contro Li Vigni, chiusa la fase dibattimentale

Redazione
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Chiusa la fase dibattimentale del processo che vede imputato Vincenzo Piero Li Vigni per tentato omicidio, rapina aggravata ed evasione dagli arresti domiciliari.
I fatti fanno riferimento alla notte tra il 14 e il 15 giugno del 2023, quando Vincenzo Piero Li Vigni, insieme al minore F.V.D. si rendeva protagonista del pestaggio ai danni di Davide Russo, un ragazzo disabile affetto da idrocefalia, mentre si accingeva ad acquistare sigarette presso un distributore automatico sito in c/da Cuore di Gesù.
Durante il corso dell’esame dell’imputato, Li Vigni aveva chiesto scusa alla vittima asserendo che non era sua intenzione rapinarlo, né ucciderlo, e di non aver avuto contezza della sua disabilità ben chiarendo che sarebbe nato tutto da un equivoco e da uno scambio di persona dovuto al fatto che un soggetto non identificato ma con le stesse generalità del padre G.L.V. contattava tramite Messenger la sorella di Vincenzo riferendo oscenità e messaggi di natura a sfondo sessuale. Fu l'imputato che sentendo conversare telefonicamente la sorella con l'omonimo del padre, decise con la sorella di dargli un appuntamento per capire di chi si trattasse.
Questo passaggio lo chiarisce in aula proprio la sorella dell’imputato F.L.V. durante il corso dell’udienza che è stata celebrata oggi 9 ottobre nell’aula Borsellino del Tribunale di Marsala davanti al Collegio presieduto dal Presidente Vito Marcello Saladino.
F.L.V. asserisce di aver avuto un primo contatto con G.L.V. –omonimo del proprio padre- in data 12 giugno 2023 quando questi le inviava una richiesta di amicizia su Facebook da un profilo senza foto dietro al quale, presumeva F.L.V., avrebbe potuto nascondersi un altro soggetto dalle diverse generalità.
Il soggetto in questione avrebbe chiesto un incontro, fotografie, e riferito oscenità a sfondo sessuale.
Incuriosita dall’omonimia col padre e per cercare di capire di chi in realtà si trattasse, rispondeva alle chiamate, due in totale: a suo dire si tratterebbe di un soggetto di circa settant’anni, agricoltore.
Durante il corso della seconda chiamata, quella della notte a cavallo tra il 14-15 giugno 2023, veniva fissato un appuntamento nei pressi di una nota sala banchetti della zona, segno di riconoscimento la Fiat Punto bianca con il faro anteriore rotto.
All’appuntamento si presentavano l’imputato e il minore, non trovavano G.L.V. ma Davide Russo, e coincidenza vuole che anche Russo possegga una Punto con un faro anteriore rotto, ma di colore celeste chiaro che di sera poteva essere confusa.
F.L.V. ha continuato a ricevere messaggi anche dopo l’accaduto, fino a luglio-agosto del 2023; la ragazza sostiene di essere venuta a conoscenza dell’identità del soggetto dopo il pestaggio: si tratterebbe sì di un soggetto con le stesse generalità del proprio padre, ma altresì, a detta della donna, padre di un esponente delle Forze dell’Ordine di Marsala.
Alle domande del Pubblico Ministero e dell’avvocato di parte civile Antonino Giustinianola ragazza risponde che non ha denunciato perché persona anziana e perché voleva capire dove intendesse arrivare.
Versione confermata dall’altra teste chiamata a deporre, V.F. madre del minore con cui l’imputato si recava all’appuntamento.
La donna riferisce che anch’ella aveva ricevuto richiesta di amicizia su Facebook in data 10 giugno 2023 con messaggi dello stesso tenore inviati all’altra teste; apprende dell’accaduto la mattina del 15, decide di fissare un appuntamento portando con sé il proprio figlio il quale, alla vista dell’anziano signore, “sbianca”, dice la teste, in quanto si rende immediatamente conto dello scambio di persona.
La teste asserisce anch’ella che si tratterebbe, a suo dire, del padre di un esponente delle Forze dell’Ordine e di non avere querelato.
Durante il corso dell’udienza ha reso testimonianza anche il consulente della difesa dott. Tommaso D’Anna, specialista in Medicina Legale dirigente medico presso l’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Palermo.
A parere del dott. D’Anna, i colpi inferti da Li Vigni non sarebbero stati sferrati dall'imputato con la massima forza dato che l’esito sarebbe stato più infausto e soprattutto, essendoci premeditazione, non era intenzione dell’imputato uccidere.
D’Anna chiarisce che, oggettivamente parlando, il colpo per essere letale deve superare una potenza di 900 Newton, e stima al di sotto di 700 Newton la forza impressa dall’imputato specie perché il cranio della vittima maggiormente soggetto a fratture, in caso contrario “avremmo avuto fratture, emorragie, rottura di denti”, dice D'Anna.
Tuttavia, alle domande del Pubblico Ministero e dell’avvocato di parte civile, risponde che dalla visione del filmato delle telecamere di sorveglianza non può quantificare la forza impressa in quanto non ha mai visitato l’imputato, non conosce il suo peso, altezza, e altro.
Riguardo il catetere impiantato nella vittima, D’Anna precisa che si trova sottopelle, non visibile a occhio nudo.
L'imputato è assistito dall'avvocato Piero Marino del Foro di Marsala.


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