Favorirono la latitanza del narcotrafficante Vito Bigione, arrivano le condanne

Redazione
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Condannati alla pena di anni 3 di reclusione ciascuno, al pagamento delle spese processuali e all'interdizione dei pubblici uffici per la durata di anni 5: sono gli imputati Giuseppe Armata -assistito dall'avvocato Antonella Rapagnani del Foro di Bologna, e Nicolò Tardino -assistito dall'avvocato Marianna Licari del Foro di Marsala.

I due sono imputati per avere, in concorso tra di loro, aiutato e favorito la latitanza del narcotrafficante mazarese Vito Bigione, arrestato il 4 ottobre 2018 nella città di Oradea in Romania, condannato con sentenza definitiva della Corte Suprema di Cassazione alla pena di anni 15 di reclusione per traffico internazionale di droga.
Il periodo di riferimento va dal 6 luglio al 4 ottobre 2018, poco prima dell'arresto del narcotrafficante, nei luoghi di Mazara del Vallo, Bologna, Romania, e altri luoghi del territorio nazionale ed estero.
Sono venute meno le aggravanti secondo cui avrebbero commesso il fatto al fine di agevolare le associazioni mafiose Cosa Nostra e 'Ndrangheta.
L'indagine è stata coordinata dal Procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dai sostituti Francesca Dessì e Alessia Sinatra.

Bigione era mediatore tra mafia, ‘ndrangheta e le organizzazioni criminali operanti con base in Colombia. Quando venne arrestato aveva una carta di identità falsa e alle Forze dell'Ordine disse di chiamarsi Matteo Tumbiolo.
Soprannominato il commercialista, già negli anni Novanta era fuggito in Namibia.
Sebbene non sia stato condannato per associazione mafiosa, era emersa la vicinanza alla famiglia mafiosa degli Agate di Mazara del Vallo, e le frequentazioni con personaggi di spicco di Cosa Nostra come Antonino Cuttone e Antonio Messina, vicini all'allora boss latitante Matteo Messina Denaro.
Tra coloro che avrebbero aiutato Bigione a nascondersi in Romania ci sarebbero state anche l'infermiera professionale bolognese Monica Deserti, e una donna romena.
Sarebbe stata Deserti a fare da tramite con i mazaresi Vincenzo Pisciotta, Giuseppe Armata, Nicolò Tardino e Michele Biondo. Dalla Sicilia arrivavano soldi e schede telefoniche sicure per i contatti.
Armata si sarebbe anche prodigato per recuperare dei crediti nei confronti di un pregiudicato calabrese residente in Austria, implicato anch’egli in traffici internazionali di droga.
Alcuni movimenti di denaro in favore di Bigione erano stati effettuati anche dalla rumena Adriana Viorica Muscan, la quale si era fatta aiutare dalla connazionale Elisabeta Halasz, la governante di Bigione, per fare giungere una valigia e un borsone al latitante.
I bagagli erano stati spediti con un corriere nel B&B gestito da Tardino, seguendo i suoi effetti personali, gli inquirenti individuarono la casa dove si nascondeva il latitante.


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